Le tensioni create tra Meloni e Berlusconi per il caso Ronzulli dovrebbero essere superate ma restano quelle interne a Forza Italia.
Il veto su Ronzulli di Meloni su cui l’ex premier Berlusconi ha tanto insistito ha portato allo strappo avvenuto in Senato. Per tentare la riconciliazione sono intervenuti anche i figli del Cavaliere per sollecitare il padre a fermarsi. Ma se il chiarimento con la futura premier avverrà in questi giorni, le tensioni interne a Forza Italia sono lontane dal risolversi.
Nel partito di Silvio Berlusconi ormai ci sono due netti schieramenti: uno per Licia Ronzulli e una più governista guidata da Tajani. La parte schierata per l’ex infermiera di Berlusconi ha incitato Berlusconi a scagliarsi contro l’alleata e futura leader per i veti posti da Giorgia Meloni proprio su Ronzulli e altri esponenti che non ritiene all’altezza del prossimo esecutivo.
Le tensioni interne potrebbero portare alla fine del partito azzurro
Che Forza Italia sia agli sgoccioli della sua storia politica, così come il suo leader, non è un mistero. I timori che ci fosse la volontà di ridurre il partito ai minimi non sono nuovi. A supporto di questa tesi ora circolerebbe anche la notizia che i centristi di Noi moderati starebbero lavorando per formare gruppi nelle camere ottenendo le necessarie deroghe in mancanza dei numeri minimi.
Proprio la decisione dei capigruppo alla Camera e al Senato sarà una prova per Forza Italia e gli equilibri interni. Tra i nomi che circolano, al momento, al Senato si parla di tre possibili soluzioni. Ovviamente in pole position non può mancare il nome di Ronzulli, poi c’è Gasparri e Micciché. Quest’ultimo è considerato colui che architettato il non voto a La Russa.
Per quanto riguarda alla Camera dovrebbe riconfermarsi Paolo Barelli, fra i deputati più vicini a Tajani. Ma potrebbero prendere il posto di capogruppo anche Giorgio Mulè e Alessandro Cattaneo, invece ritenuti filo-Ronzulli.